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Suzuki Nuda – una moto concept

Suzuki Nuda

Una moto rimasta un unico esemplare, con soluzioni tecniche e un design che volevano essere le basi per le future moto del marchio nipponico.

Con tante dotazioni e tecnologie, tutte concentrate in quell’unico esemplare

vista la prima volta al Salone di Tokio nel 1987, guardandola oggi, trent’anni dopo, sembra ancora attuale, molto probabilmente fin avveniristica.

Più di altre moto presenti su un mercato che è cambiato molto in tutti questi anni, evolvendo sicuramente, non rimanendo mai fermo.

Tutte soluzioni nuove, studiate e volute per lei, un tale concentrato dall’avermi fatto provare un certo rammarico nel sapere che non venne prodotta.

Ovviamente immagino che i tempi, i costi, e le modalità costruttive di allora, abbiano spinto i dirigenti Suzuki a non insistere, non producendola.

Ma dopo quanto letto, e considerato, su questa Suzuki Nuda mi chiedo

i se ed i dove di quanto sia stato utilizzato su altre moto, ho come l’impressione che molte delle soluzioni siano nate e finite su questo capolavoro.

Il sistema di sterzo della Suzuki Nuda

ha molto in comune con quello visto su una moto Italiana, entrata in produzione, in pochi esemplari, la Bimota Tesi 2D.

Arrivata sul mercato, a memoria, nel 2005, quasi un decennio dopo.

Se le moto prodotte nel paese del Sol Levante

sono oggetto dei desiderata di molti motociclistici, sono da sempre fra le primissime ad essere prese in considerazione, vincenti dal Motomondiale in giù, questa concept, che son convinto sia un vero spettacolo, poteva essere prodotta, anche in pochi esemplari.

Lo è spettacolare, non solo esteticamente

ma anche per le soluzioni che montarono su questa unica moto, non sapendo; molto probabilmente; se fosse poi entrata in produzione.

Era una moto utilizzabile, funzionante in tutto, nulla di statico quindi, una due ruote provata, testata, utilizzata.

Mi piace moltissimo quella sella

non solo dopo aver saputo che fosse mobile, capace di adeguarsi al suo pilota, ancor prima mi sono piaciute le forme, il come si integri benissimo con tutto il resto della moto.

Con le luci ad orientamento elettronico automatico, una chiave di contatto a carta magnetica, ed altre dotazioni che vedremo in seguito.

Questa moto funzionava, non era un progetto “statico”, ogni sua parte poteva essere usata e la moto muoversi, essere guidata.

La carrozzeria copriva completamente la moto, era realizzata in Honeycomb, una resina termoplastica di nuova concezione.

Una sella “oscillante”, che si spostava ed “assecondava” il pilota, specie nelle curve, anche le più impegnative.

  

Il motore era quello che equipaggiava le moto della serie GSX/R

con 750 cc, un quadricilindrico bialbero, dotato di un sistema siglato STECS (Suzuki Total Engine Control System), con una evolutissima iniezione elettronica indiretta.

Con due “sottosistemi”:

 EPI che in pochi attimi calcola la giusta “dose” di benzina da iniettare facendolo a seconda di specifici e numerosi parametri

e l‘ESA un altro sistema digitale, ma per il controllo della curva di anticipo, stabilendo i tempi e la durata della scintilla.

A disposizione del pilota la Suzuki Nuda prevedeva anche il SRIS

(Suzuki Rewrite Injection System) che consentiva la riprogrammazione della CPU (central Process Unit), il tutto per poter ottenere erogazioni diverse, scegliere una coppia più in basso, variare l’erogazione della potenza più in alto o in basso, ecc. ecc.

La trazione della Suzuki Nuda, come si potrebbe intuire da alcune foto

era integrale sulle due ruote, due gli alberi controsterzanti, in grado di ripartire equamente le forze sulle due coperture, integrate da un nuovo sistema idraulico, capace di garantire una trasmissione “equilibrata” anche quando le ruote giravano a differenti velocità.

Vista la mole, e la trazione anche sull’anteriore, i tecnici Suzuki furono costretti a dotarla di un servosterzo idraulico.

Sotto la bellissima carenatura, non visibili, funzionano molto bene le sospensioni, assemblate su due monobracci dalle dimensioni piuttosto generose.

In sintesi

Presentata al Salone di Tokio, nel 1987, trent’anni fa per capirci, un concentrato di nuove idee, sofisticate soluzioni tecniche, con delle carenature in materiale composito di ultimissima generazione, con linee che trovo mozzafiato, mi piace moltissimo.

Il suo pilota poteva programmarla come e quando voleva, anche sapendo di avere a disposizione una seduta che si muoveva adattandosi al suo peso, stile di guida, e le modalità da lui impostate.

La fonte di quanto avete letto è la mia biblioteca, trovando il materiale in alcune riviste e un libro, piuttosto “datati”.

Le informazioni che, permettetemi di scriverlo, avete letto non le ho trovate su quei siti che ho visitati nel cercare le foto presenti.

Lo scrivo semplicemente perché sono felice, e convinto, nel saper di poter usufruire di una discreta fonte cartacea a mia disposizione, soldi spesi benissimo, in parecchi anni 😉 .

una moto concept