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2 CV Barbot Le auto fatte da soli.

2 CV Barbot, nata dall’iniziativa di un ingegnere chimico francese, Pierre Barbot, appassionato di meccanica di precisione, che poi era anche una componente importante del suo lavoro.

L’ingegnere aveva da tempo messo gli occhi sulla 2 CV, seppur rimanendo sempre concentrato sul suo lavoro, era uno specialista in fisica e chimica.

Pierre Barbot e la sua 2 CV, prima di montare il nuovo cofano motore.

Ma se gli alambicchi sembravano lontani da un’auto, qualsiasi auto, lui gestiva anche una azienda in cui il suo sapere e la precisione erano fattori determinanti.

2 CV Barbot, quella versione la Sua.

L’idea di quella particolare versione di una 2 CV partì da un disegno fatto nel 1951, dove oltre a quello, sullo stesso foglio, erano indicate le caratteristiche che quella sua versione doveva avere.

Per Monsieur Pierre doveva essere la più leggera possibile, decise che i lavori sarebbero iniziati nel mese di settembre dello stesso anno.

Cosa fece per alleggerirla in quei quasi due anni impiegati per pensarla e realizzarla.

Ne accorciò il telaio di circa venticinque centimetri, utilizzando nuove sospensioni che la rendessero più stabile e “bassa”.

Montò un nuovo cofano appiattito per migliorarne la aerodinamica, sullo stesso aveva montato quel piccolo parabrezza sufficiente per una monoposto.

Finendo con il tagliare completamente la parte superiore, privandola anche delle due portiere posteriori, modificando i fanali anteriori che furono integrati nei parafanghi.

      

Dalle foto si noterà che la parte posteriore e il lato passeggero sono coperti da un telo.

Priva della carrozzeria che siamo soliti veder coprire quelle parti su una 2 CV di serie, alleggerendola ulteriormente.

Nel vano bagagli aveva alloggiati due piccoli serbatoi extra, montati per poter partecipare alle gare di durata e fermarsi il meno possibile per rifornirsi.

Aveva scelta una 2 CV non solo per il suo prezzo di listino, molto più abbordabile rispetto a molte altre, ma soprattutto per la sua affidabilità, sapeva di poterci contare.

 

Intervenne sul motore.

Riducendone la cilindrata, portandola a 348 cc contro i 375 del modello di serie, con nuovi carburatori e uno scarico progettato e costruito solo per lei.

Se voleva partecipare nella categoria delle “fino a 350” quella fu l’unica soluzione.

Il cofano “appiattito” e il piccolo parabrezza.

Finiti i vari lavori decise di provarla su un circuito.

Tentando di qualificare la sua “creatura” per la Coppa d’Oro del 1952, non riuscendoci, rifacendosi comunque l’anno successivo e vincendo la competizione nella sua categoria.

Una immagine celebrativa dei record conseguiti dalla 2 CV Barbot.

Quella vittoria rese famosa la sua 2 CV Barbot

tanto che la società Yacco decise di finanziare un nuovo progetto, l’ingegnere e il suo sponsor volevano che quell’auto partecipasse ad una gara di durata.

Con alla guida lo stesso Pierre Barbot e il pilota ed amico Vinatier, sul circuito di Monthléry per una gara di 24 ore.

Telaio accorciato e privato delle portiere posteriori.

Jean Vinater la condusse al Bol d’Or del 1953, vincendo nella sua classe di appartenenza.

Seguirono altre gare, molti i successi, batterono nove record internazionali nella sua specifica categoria, con medie chilometriche molto interessanti, 90,96 in 12 ore, 85,02 in 24.

Di quell’auto non si seppe più nulla, sparì completamente, quelle che siamo più o meno abituati a vedere oggi in fotografie sono delle repliche, seppur fedeli, ma restano tali.

Un solo posto, quello del guidatore, con una strumentazione modificata.

Personalmente sulla 2 CV Barbot.

Quanto hai letto deriva tutto da un mio libro scritto in francese, e se ero convinto che quanto fatto a scuola qualche decennio fa potesse essermi utile, Ti assicuro di avere avute non poche difficoltà nel tradurlo, provare ad “”interpretarlo””.

A spingermi nel continuare è stata la storia di questo “ostinato” ingegnere francese, il come abbia voluto a tutti i costi costruire una sua versione di una Citroen 2 CV, riuscendoci molto bene, ottenendone risultati più che lusinghieri.

LO scarico artigianale usciva sul fianco della 2 CV Barbot.

Sul mio vecchio libro laconicamente c’e’ scritto un “ è sparita non si sa più nulla”, e così altrettanto ho letto sui pochi siti visitati.

Se posso comunque vederne le repliche, credo che la vettura originale avrebbe oggi tutto un altro valore, sarebbe un ben altro poter vedere, ma ci “”accontenteremo””.

Presumo che per realizzarla da “”hobbista””, seppur dotato di macchinari che un comune “artigiano da rimessa” solo si sogna, abbia avute delle difficoltà, non arrendendosi.

Sulla portiera era presente l’adesivo dell’azienda petrolifera.

Mi piacciono molto queste storie in cui la tenacia e il voler fare da soli sono delle costanti.

Hanno il sapore di un motorismo “passato”, mi riportano a quegli anni in cui il solo ed unico professionismo era ancora lontano.

 

Ovviamente sono ancora abbastanza giovvvvane per poterlo aver vissuto

lo ho fatto leggendo, provando ad “immedesimarmi” in un dato periodo, pur conscio che spesso non sia stato così facile trovare del materiale.

Augurandomi che quel mio francese mi abbia consentito di tradurre e riportare quanto hai letto, a lunedì prossimo con una altra auto.

Su una rivista ho letto che lo stesso Vinatier, insieme al figlio Jean Baptiste e Dominique Pascal

si sono alternati alla guida di una replica di proprietà del collezionista Bruno Viet, partecipando ad una rievocazione sempre sul circuito di Monthléry.

Non era una 24 ore, il tempo era limitato a 360 minuti, l’auto dotata di un motore da 600 cc sviluppato dalla Dieselec di Soissons.

Nella foto sopra un bel diorama con una replica realizzata dalla Norev in scala 1/43.

Le auto fatte da soli.