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Rumi – Officine Fonderie Bergamo.

Rumi.

Via Moroni Bergamo.

Donnino Rumi.

Nasceva nel 1906 dimostrando di avere un certo talento già da molto giovane, spinto dall’amico di famiglia Ghislandi (un intagliatore) frequentava l’Accademia Carrara a Bergamo dove incontrava Ponzano Loverini, sospendeva gli studi nonostante il Loverini gli avesse anche lui riconosciuto un certo talento ed iniziava a lavorare nell’azienda di famiglia come garzone sedicenne e poi da ventenne a tempo pieno, mantenendo la sua passione per l’arte.

La 125 due cilindri orizzontali affiancati a due tempi diventava una delle migliori motoleggere del periodo.

Rumi il suo simbolo.

Con quell’ancora un ricihiamo alla loro precedente collaborazione con la Marina Militare Italiana, l’ala di un uccello rappresenta il cielo e l’incudine la terra, la bandiera italiana aggiunta nel 1955 dopo la vittoria di Giovanni Zonca nel Campionato Italiano Velocità.

 

La catena di montaggio.

La fabbrica era priva di un impianto trasportatore a spostarsi erano le squadre di operai per completare ogni singola moto.

Motore a due tempi per la nuova 125 cmc del 1949.

Rumi 1951 esteticamente identiche, migliorarono il motore. 

Scoiattolo.

1952 lo Scooter Scoiattolo con lo stesso motore a due tempi da 125 cmc delle motoleggere.

Motocicletta da competizione del 1952, due cilindri affiancati ed inclnati in avanti.

L’Ingegnere sempre nel 1952 progettava una 250 cmc da competizione, nonostante i buoni risultati nei test non veniva mai utilizzata nelle corse. 

125 Sport del 1953.

1953 il listino offriva due motoleggere da 175 e 200 cmc.

Rumi 1961 125 due cilindri orrizontali affiancati da competizione.

Modello Junior con la particolare forcella Earles, utilizzata per la gare su pista.

Sport modello del 1954 con un solo carburatore.

Rumi e le competizioni 1954.

Le 125 due tempi garantirono alla Rumi una serie di buoni piazzamenti in competizioni sia di regolarità che fuoristrada, nella Milano Taranto ( di gran fondo) il pilota Romano vinceva nella Classe 125 cmc ottenendo quello che si poteva considerare il miglior risultato mai raggiunto prima dalla casa bergamasca.

1954 arrivava il Formichino.

Il più ricordato della Rumi, montavano inizialmente lo stesso 125 dello Scoiattolo, la maggiore novità per il nuovo scooter fu la sua struttura, realizzata da due fusioni in lega leggera formanti sia la parte anteriore che quella posteriore della carrozzeria ed imbullonate al carter del gruppo motore cambio.

Esteticamente bello e moderno, mi piace il suo serbatoio che include il canotto dello sterzo e il grosso fanale anteriore, quattro rapporti per il cambio, le ruote da 4,00/8 pollici facilmente sostituibili, alla prima versione seguivano quelle con motori da 125 e 150 cmc e la nuova carrozzeria in lamiera stampata.

A fine anno per il Salone del Ciclo e Motociclo di Milano la Rumi presentava:

una nuova motoleggera da 175 cmc monocilindrica:

Quattro tempi con cilindro verticale.

Distribuzione a valvole in testa con aste e bilancieri a comandarla.

Cambio a quattro rapporti in blocco.

120 chilometri orari la sua velocità massima.

La seconda novità una 125 da competizione:

Quattro tempi e due cilindri orizzontali affiancati.

Distribuzione a valvole in testa con due alberi a camme in testa a comandarli.

Cambio a quattro rapporti.

Il telaio seppur migliorato non era così “distante” da quello già visto sui precedenti modelli.

A biellette inferiori oscillanti la sospensione anteriore e dietro un forcellone oscillante con ammortizzatori telescopici idraulici.

Due novità che rimasero tali non avendo avuto alcun seguito.

1957

Altra novità, una motoleggera 175 cmc quattro tempi con distribuzione ad aste e bilancieri telaio in tubi molto classico le sospensioni anteriori con forcella telescopica e sul posteriore un forcellone oscillante.

Con uno scarso riscontro dopo la presentazione fra gli appassionati, tale dal costringerli a farlo rimanere un ennesimo prototipo.

1958.

Il Formichino veniva prodotto in Belgio dalla Sarolea con un nome diverso, il Djinn.

1960.

L’anno buono per tornare ad essere più considerata e di conseguenza avere moto vendute, l’Ingegner Ottolenghi progettava una nuova motoleggera in tre versioni da 98 – 125 e 175 cmc.

Nuovo motore da due cilindri a V longitudinale al telaio e il blocco cilindri di forma rettangolare, quattro tempi con valvole in testa comandate da aste e bilancieri, quattro velocità il cambio in blocco, accensione a volano magnete.

Sul cilindro anteriore un tubo di scarico normale e su quello posteriore un tubo più corto che si inseriva orizzontalmente nel tubo del primo finendo con un’unica marmitta; soluzione che anticipò di diversi anni quanto vedremo su alcune motociclette nipponiche.

La 98 cmc con una potenza di 5,8 cavalli a 7.500 giri /minuto, velocità massima 95 chilometri orari.

125 cmc 6,8 i cavalli a 7.000 giri, 105 km/h.

Per la 175 cmc 8,2 a 6.800 giri minuto 115 chilometri orari come velocità massima.

Mantenevano il telaio a tubo unico con culla aperta, sospensioni anteriori a forcella telescopica e dietro il forcellone oscillante con ammortizzatori telescopici idraulici.

Pochissimi gli esemplari usciti dalla fabbrica facendole diventare esemplari rari.

Anni ’60.

Nel proseguire del decennio decisero che per loro produrre motociclette non fosse più redditizio, troppi i soldi spesi per sviluppare delle motociclette rimaste dei modelli unici, per un marchio che poteva investirne di più nelle competizioni visti qualità e risultati nelle poche fatte.

Conosco bene i bergamaschi dopo qualche anno che ci lavoro, sono certo che l’impegno non sia mai mancato come la determinazione, oggi vorrei vedermi passare una loro moto mentre sono fermo a quel semaforo in città.

Bergamo e le moto.